Galleggiare, sospesi tra il Jazz e il mare. Il debutto di Serena Brancale.


Finita la 'settimana santa' di Sanremo, il mercato discografico italiano è arricchito dagli album degli artisti in gara al Festival: una serie di dischi davvero molto interessanti e ben confezionati; probabilmente siamo ormai tutti consapevoli che di dischi se ne vendono sempre vertiginosamente meno e che, per spingere all'acquisto, il prodotto debba essere più che valido.


L'unico personaggio interessante in gara tra le nuove proposte è Serena Brancale, cantautrice che affonda le sue radici musicali tra Classica e Jazz e propone un album cólto, ricco di sonorità nuove, ricercate, nordeuropee, restando nell'ambito di un genere in Italia poco -o per nulla- praticato: un pop/jazz che scomoda riferimenti altissimi, come Cassandra Wilson, o Norah Jones.

La voce di Serena Brancale è ricca di sfumature e colori inusuali, che spesso lei arricchisce con delle particolarissime 'blue note', che le conferiscono un fascino inafferrabile e denso, tanto da far suonare questo disco come un prodotto nordico o americano: fresco, nuovo, pulito, ma al tempo stesso classico e denso di ricordi e dettagli.
Fin dalla prima canzone, Solo In Una, troviamo un uso della parola molto ricercato dove il significato e il suono che essa produce possono essere due elementi in simbiosi, oppure completamente staccati, creando, a volte, un effetto funzionale alla musica;  altre volte, invece, è la parola stessa che diventa suono, onomatopeico (sfiorando, a volte, una specie di parlato puntato) o straniante (quando la voce s'innalza agilmente, inerpicandosi in ardite partiture, senza mai però banalizzarsi nell'acuto, o in prove di muscolarità inappropriate a questo genere di musica).
Anche l'uso della voce è davvero notevole, e oscilla tra diversi stati d'animo con agilità e morbidezza; in Tabù, tutta molto serrata a livello di scansione ritmica del testo, la voce è leggera e divertita senza mai scadere nel 'bamboleggiamento' (una prova di controllo non indifferente), mentre in Il Grano E Il Vento oscilla tra la strofa cantata in modo più profondo e sentito, e l'inciso (più ritmato e giocoso, punteggiato come in un be-bop d'annata e arricchito dalla bella sovrapposizione di tre diverse melodie) dove la voce si fa più leggera, come un gioco di bambini, consapevoli -però- delle conseguenze.

Galleggiare è la canzone portata in gara e probabilmente la regina di questo disco, è presente nell'album in due versioni, una con quartetto, l'altra con archi; il testo gioca con la melodia in modo sorprendente, e, mentre la strofa offre delle immagini molto delicate che la voce racconta in modo preciso ma sentito, l'inciso ha un testo brevissimo, su cui però la voce si allunga e si espande e diventa aria e profumo di ricordi lontani. È decisamente facile restare a galla insieme alla voce -tutta di testa- e aspettare, in questi tre minuti di sospensione, astrazione e pura bellezza.

In Frida, torniamo in un mondo di ritmo e divertissement, interpretato con voce e swing invidiabili, fino alla pausa creata con un bridge di soli archi su cui la voce si appoggia morbida ma incisiva; mentre in La Mia Anima si fa più profonda e intima, consapevolezza e delicatezza si fondono in un'aria malinconica e più dolente sul finale.

Geniale composizione, Aria parte con una strofa sussurrata e tutta di testa, con voce distesa e aperta ma delicatissima, per diventare più bassa e puntata sull'inciso, dove le parole si fanno puro suono, un po' tribale sul finale, e arricchito di un bel contrappunto vocale.  Ne Il Gusto Delle Cose, invece, lo swing prende il sopravvento, in un incedere che non può lasciarti fermo; anche qui sovrapposizioni, leggerezza, colori in un finale da applauso a scena aperta.
Chiude il disco Galleggiare in versione con archi, su cui la voce si appoggia e danza leggiadra, mentre nella seconda strofa gioca con uno splendido violoncello e sul finale si arricchisce di un voicing che ci accompagna al finale aspettando... di ricominciare.

Sembra incredibile che questa sia la descrizione dell'album di un'artista subito eliminata dalla competizione, al primo scontro con il pupillo della Caselli (Giovanni Caccamo) che non poteva che vincere, nella sua banalità, una inesistente gara, già decisa a tavolino. Ma speriamo che questo non sia da ostacolo a Serena, cui auguriamo una carriera densa di musica ed emozioni, e che non vediamo l'ora di ascoltare live.



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