The Collection 3.0: una nuova raccolta per rinverdire i fasti della Platinum.


È sempre interessante osservare come si muove il mercato delle compilation (ultimamente più arido e asfittico che mai, sostituito da improbabili operazioni più o meno clandestine messe in atto da iTunes o Spotify senza criterio), rispetto a Mina; capire quanto il pubblico generalista (o meglio, il pubblico distratto e disinteressato) sia rimasto indietro, e quanti anni-luce lei sia sempre stata avanti a tutti. Sempre.

Questa nuova emissione -da quel che riesco a intuire- sembra fare ben sperare che qualcosa possa ancora accadere riguardo a tutto il back-catalogue passato alla Warner dalle mani impolverate della antiquata EMI; se questa nuova detentrice dei diritti del recente passato Mina, volesse investire un decimo di quello che (come WarnerClassic) ha investito su Maria Callas, il cui appeal commerciale è rinato grazie alle rimasterizzazioni (fatte a regola d'arte) pubblicate in pompa magna in un lussuosissimo cofanetto curato fin nei minimi dettagli, sarebbe certo un bel punto di partenza.

Ma veniamo a questa The Collection 3.0, che già dalla copertina, sembra poter riservare piccole sorprese; è evidente che la Warner abbia voluto investire in questa pubblicazione non accontentandosi della solita vecchia foto rimaneggiata dal più improbabile dei grafici, ma ottenendo da Balletti in persona una nuova-vecchia foto photoshoppata ad hoc. E l'impatto iniziale (evidentemente da confezione de-luxe) speriamo prosegua nel libretto interno (anche se dubito ci si possa aspettare altre inedite sorprese).

La compilation, invece, ripete stancamente la scaletta della prima Platinum, dando importanza ai grandi successi commerciali dei '60 e '70, e accostandoli a cover degli '80 e a qualche inedito degli ultimi anni, in una sequenza da far rabbrividire il più audace dei guastatori. Ora, io capisco perfettamente che questi dischi nascano da un intento unicamente e inequivocabilmente commerciale, che nessuno (tranne forse Massimilano Pani e qualcuno degli irriducibili e profondi estimatori del Mina Fan Club) abbia una conoscenza così approfondita del repertorio di Mina da poter strutturare una raccolta vagamente sensata che parta da Città Vuota e arrivi a Over The Rainbow senza provocare forti emicranie per la giustapposizione dei brani inseriti, ma che ancora nel 2015, dopo tanta di quella musica passata per le corde vocali di Mina, dopo guerre e catastrofi ambientali, dopo arte e meraviglie senza tempo, si tirino in ballo Zum Zum Zum, Parole Parole, I Discorsi e Sacumdì Sacumdà, proprio mi riesce impossibile da accettare. 

Ci sono canzoni che durano per sempre e altre che invecchiano. È la legge dell'arte. Ci sono cose destinate a durare in eterno, altre destinate e divertire per una volta... per una sola volta. Cosa hanno da dire ancora queste canzoni al pubblico del 2015? Niente; se non che tanti anni sono passati da quando sono state incise, che erano un buon prodotto, certo -questo è sempre innegabile quando si parla di Mina- ma che il loro tempo è finito.

Il problema vero, è che, così facendo, si continua a dare di Mina un'immagine decisamente ancorata al suo glorioso passato remoto, che sebbene glorioso ormai è passato; come se dopo Sacumdì Sacumdà non ci fossero altre canzoni degne di figurare in una compilation celebrativa, come se Mina non fosse la più contemporanea delle Artiste, la più all'avanguardia da sempre, talmente inarrivabile da lasciarci a bocca aperta e col fiato corto ad ogni sua uscita. 

Per fortuna Mina non c'entra niente con questo tipo di operazioni, e, quando si è trovata a mettere un punto e a capo alla sua carriera (chiuso il contratto di distribuzione con la Sony nel 2012), ha bypassato la trappola di una compilation celebrativa dei suoi quindici anni con la grande major, pubblicando un cofanetto con quasi tutti gli album integrali di questo periodo. Geniale. Come a voler dire: "io la mia scelta e le scalette le ho già fatte, e non ho intenzione di rimetterci mano".

Più scorro la scaletta di questa The Collection, in cerca di un appiglio di intelligenza, del guizzo di una semplice piccola idea, meno riesco a spiegarmi come sia possibile ascoltare Vincenzina E La Fabbrica dopo Eppur Mi Son Scordato Di Te, o Mi Parlavi Adagio dopo Can't Take My Eyes Off Of You, o ascoltare in sequenza Ossessione 70 - Laia Ladaia - Devo Dirti Addio; tutto questo ha in sé qualcosa di inquietante, un senso di vuoto talmente profondo da dare la nausea; come mangiare un menù di piatti stellati messi in sequenza casuale.
Sebbene anche la prima Platinum fosse compilata tenendo conto dei successi commerciali, c'era dentro qualcosa di più, un'attenzione ai dettagli che qui proprio manca in modo clamoroso. Non è irrinunciabile la collocazione dei brani in ordine cronologico, ma il gusto e il piacere nell'ascolto invece lo sono, e Mina ci ha abituati troppo bene in questo: non c'è nessuno dei suoi album dove la collocazione di ogni singolo brano non sia analizzata e ponderata seguendo un gusto impeccabile.

È decisamente impensabile ridurre un'Artista come Mina, con una discografia come la sua, sebbene non presa nella sua totalità (ma in un periodo che va dal 1967 al 2012), in tre miseri dischi compilati per giunta malissimo; nemmeno il pubblico più superficiale dovrebbe accontentarsi di questo, tantomeno chi è responsabile della diffusione di questi prodotti dovrebbe farlo. Se la Cultura -come in questo caso- non viene dall'alto, allora verrà dal basso; sono sicuro che ciascuno dei suoi estimatori più attenti saprà farsi la propria tripla raccolta che suonerà in modo più fluido, più intelligente, più deciso di questa The Collection che non serve a nessuno.
In conclusione speriamo che la Warner, in futuro, sappia investire non solo nell'immagine, ma anche nel contenuto dei suoi prodotti, affidando la compilazione di queste raccolte a qualcuno che sappia valorizzare l'inestimabile tesoro di arte e cultura chiuso nei loro forzieri.







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