Sanremo 2015: Seconda Serata
La conclusione di questa seconda serata ci offre il quadro finalmente completo dell'offerta musicale di questo Sanremo: un paesaggio surreale in cui convivono personaggi disparati, ciascuno ben inserito nella sua collocazione discografica, con il suo carattere, con la sua musicalità. Non ci sono sorprese da questo punto di vista, nessuno ha avuto il coraggio di esporsi più di tanto, di sovvertire o almeno spostare leggermente il suo mondo musicale; ciascuno ha fatto quello che il pubblico si aspettava con coerenza e onestà... chi più, chi meno.
La seconda serata non ha avuto il ritmo della prima
-pur restando questo uno dei Sanremo più asciutti che io ricordi- dove le
'digressioni' erano state tutte concentrate verso la fine; qui la lunga
intervista a Charlize Theron ha spaccato in due le serata, e gli interventi
comici -davvero troppi- hanno rallentato il tutto.
Ma veniamo alle canzoni: la serata si è aperta con i
quattro giovani, nessuno dei quali -probabilmente- sarà ricordato fino al
prossimo mese. Ovviamente spiccano tra i quattro gli scanzonati Kutso, e non
per la carnevalata o per l'insopportabile danza da tarantolato del frontman
(sulle 'coreografie' Grignani ha già battuto ogni tarantolato da tempi
immemori), ma perché la canzoncina era carina e irriverente abbastanza da far
almeno sorridere.
La gara dei 20 Artisti (che senso ha ormai parlare di
Big e Giovani, quando i ragazzini appena usciti dalla scuola di Amici accedono
senza problemi alla categoria dei 'senior', probabilmente vincendo anche la
manifestazione?) si apre con una Nina Zilli decisamente più 'contenuta' e
tollerabile. Nelle mie orecchie risuona ancora la sua insopportabile versione
di Per Sempre, portata al Festival due anni fa; una canzone splendida distrutta
da quel suo modo di cantare storpiando, dilatando, e snaturando tutte le
vocali, che conferiva al pezzo un aura di manierismo così superficiale da
diventare pura falsità e ostacolo a chi volesse apprezzarne i bei versi.
Quest'anno, invece, la cantante, prodotta da Mauro Pagani, sembra aver
ritrovato una dimensione vocale meno invasiva. Sentiremo con interesse l'album,
finora questa performance mi ha almeno stuzzicato la curiosità.
Devo ammettere di aver gradito misuratamente anche il
pezzo di Masini, nonostante da anni lui sia quanto di più lontano dal mio mondo
musicale; questa canzone è intensa, ben scritta e anche ben interpretata.
Se, finora, nei miei ascolti ho cercato, soppesato,
misurato, senza mai trovare quello che veramente volevo ascoltare, tutti i miei
sospetti crollano su Libera di Anna Tatangelo.
Sarà l'età che avanza, ma questo modernissimo modo di
intendere la musica (alla X-Factor, per intenderci) dove bisogna cercare le
particolarità, le intenzioni, le emozioni al di là della bella voce, oltre il
saper cantare, e concentrarsi sul messaggio, sul contenuto a discapito della
forma, io lo trovo svilente; io cerco l'emozione diretta, il colpo al cuore,
l'impatto, la Bellezza che risiede del canto a voce spiegata, e sicuramente in
Libera trovo tutto quello che mi serve in una canzone. Di Anna Tatangelo è la
voce più bella che si sia dispiegata sul palco dell'Ariston quest'anno; la
canzone l'ha agevolata abbastanza e l'emozione finalmente è arrivata.
Stesso discorso vale per Il Volo, nonostante la
presenza tra i tre di un anello decisamente più debole (Pietro Barone -quello
con gli occhiali rossi) le loro voci formano un bellissimo unisono, e
soprattutto non hanno niente a che fare con i soliti 'tenoracci' che,
abbandonate le mire per una carriera operistica, si dedicano al pop; loro sono
cresciuti (sotto gli occhi di tutti) cantando il pop, sulle orme degli
americani Josh Groban, o Il Divo, per cui hanno anche la delicatezza che
richiede l'approcciarsi a un genere musicale che non va sempre urlato a pieni
polmoni. Per quanto mi riguarda li trovo bravissimi, e supportati da un pezzo
davvero ben scritto e adatto a loro; non per altro in America sono famosissimi
e hanno al loro attivo già diversi album. Decisamente una carta vincente per
questo Sanremo.
Meno convincente, mi spiace davvero dirlo, la canzone
di Raf; purtroppo -pur apprezzando molta parte della sua discografia- questo
pezzo mi suona come il canto del cigno di uno che non ha più niente da dire.
Per altre atmosfere, invece, si muove Irene Grandi,
che presenta un pezzo meno 'di impatto' ma più meditativo e delicato; una bella
storia raccontata benissimo per brevi immagini e con tutte le intenzioni giuste.
Apro e chiudo velocemente la parentesi su Biggio e
Mandelli: Cochi e Renato hanno già dato; hanno fatto con sapiente intelligenza
quello che voi cercate invano di scimmiottare senza avere la cultura per farlo.
Cochi e Renato hanno fatto la storia di un certo tipo di Cabaret e hanno smesso
quando hanno capito che probabilmente avevano detto tutto quanto c'era da dire.
Quindi tacete, e farete più bella figura.
Una ultima annotazione sulla povera Bianca Atzei, alla
quale è stata assegnata (voglio vivamente sperare che non l'abbia scelta lei)
una canzone che probabilmente sarebbe stata considerata vecchia, stantia e già
sentita fin dai tempi in cui Nilla Pizzi accarezzava (con una voce talmente
pulita e 'moderna' da far sembrare quella della Atzei il rantolo di un somaro
ignorante) le note di quella Croce Di Oro.
Al povero Lorenzo Fragola cosa dire? Tesoro, ne devi
mangiare di pagnotte prima di pretendere di aver scritto una canzone decente.
Il suo è il classico pezzo senza capo né coda, scritto da chi non ha la benché
minima nozione di come si scriva una canzone; mentre Moreno chiude la gara con
una nota di inutilità che in effetti mancava, anche se non ne sentivamo il
bisogno.
Belle, invece, le esibizioni di Conchita Wurst (che
superato lo straniamento iniziale si rivela una proposta musicale davvero interessante)
e Marlon Roudette (che è uno dei pochi artisti internazionali capaci di cantare
bene dal vivo... e purtroppo oggigiorno non è affatto poco).
In conclusione vorrei solamente menzionare
i pantaloni di Biagio Antonacci, a dieci centimetri dal pavimento e con scarpe
classiche senza calze. Senza commentare.
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