Un vento senza nome: un disco di belle canzoni, da ascoltare con attenzione.
Cinque anni sono passati dall'uscita di Alle Porte Del Sogno, che distava cinque anni dal precedente Indelebile; sembra che la gestazione di questi ultimi album di inediti consti molta fatica a Irene Grandi... ma c'è da dire che, se con Alle Porte Del Sogno era decisamente valsa la pena aspettare, questo album -in generale- convince leggermente meno del suo predecessore; se nel precedente -infatti- la dimensione onirica e metafisica dei versi era subito palese e ben manifesta anche negli arrangiamenti, qui il significato vero è un po' più in profondità, e sono necessari diversi ascolti per arrivare all'essenza di questo disco, superando -non senza qualche fatica- l'apparente immediatezza e semplicità di alcuni pezzi.
L'album è in gran parte scritto dalla stessa
Irene con Saverio Lanza, insieme hanno costruito un bel corpo unitario per
tutto il disco, ma a prendere il sopravvento al primo ascolto, sono gli
interventi altrui, che creano dei momenti 'alternativi' apparentemente più
interessanti del resto, a partire da A
Memoria, scritta da Cristina Donà.
Pare proprio che in uno strano
masochistico tentativo di sabotaggio, Cristina Donà riservi il meglio della sua
produzione ad altri artisti; infatti, come era stato per le canzoni date ad
Arisa, le due canzoni scritte per quest'album spiccano decisamente rispetto al
resto della sua produzione.
In questo primo brano dalle atmosfere
delicate e positive, ritroviamo -nella prima strofa- un po' di quella Irene
Grandi degli esordi, quando la voce si appoggiava pulita sulle sue adorate
chitarre acustiche, per diventare poi un po' più 'burrosa' e suadente nel
ritornello, e -passando per un vivace e allegro contrappunto di fiati- finire
in modo più 'elettrico'.
L'altro pezzo della Donà, invece -Una
Canzone Che Non Ricordo Più- vive in una bellissima atmosfera
'beatlesiana', sia per quanto riguarda l'arrangiamento (con le chitarre in
testa a un bel intervento dei fiati del ritornello) che per il testo: uno
spaccato di vacanza d'estate con i ricordi che si mescolano tra loro; anche qui
la voce di Irene sembra ritrovare i fasti degli esordi.
Altri brani si avvalgono invece di una
ritmica più decisa, è il caso di C'est
La Vie "oggi ho fatto
un giro nella testa/ed ho trovato un'altra idea di me/che non sapevo di avere
[...] il mondo non è quello che é/il mondo è come lo vuoi vedere" che
rimanda a riflessioni molto profonde se si ha voglia di andare un po' oltre
l'apparente spensieratezza, e Stato
Di Gratitudine, dove a una bella chitarra iniziale, segue un ritmo deciso
-vagamente anni novanta- che accompagna dei versi, anche qui non scontati e
ricchi di una bella energia positiva.
Convincenti anche Settimo Cielo e Cuore
Bianco, entrambe arricchite di versi dal respiro universale che sono
decisamente la forza della Irene Grandi contemporanea (chi può dimenticare la
splendida Greensburg e l'intrigante La Cometa Di Halley?);
"restiamo in alto con le ali del pensiero/e poi siamo al settimo
cielo/leggeri come l'aria" canta nella prima con una bella energia rock,
mentre nell'altra racconta una storia d'altrove "è il mio infinito che non
abita in città/il mio infinito che si riempie [...] mentre mi perdo ad ogni
mutamento dello stato dell'anima" ben sostenuta da un arrangiamento molto
più delicato e mai banale (interessante anche l'uso della voce maschile).
Ma decisamente, con Un Vento Senza Nome, siamo in
area capolavoro; la storia è di una bellezza metafisica, bucolica, astratta, e
la voce la racconta serena, senza sforzo e ben sostenuta dall'arrangiamento che
resta per metà canzone dominato dall'inconfondibile piano di Stefano Bollani e
si rafforza leggermente solo nel secondo inciso, senza mai eccedere, per
lasciare l'ascoltatore concentrato sui versi ben illustrati anche nel video.
Interessante e stranissimo anche
l'esperimento di Roba Bella (nato da un progetto audio-video di
Lanza) dove, nella calda atmosfera estiva di una piccolissima provincia
italiana, un ambulante passa con la sua merce; una storia inaspettata e
delicatissima cui Irene si sovrappone -con una semplicissima nenia- in modo
naturale e molto cinematografico.
Chiude il disco la meravigliosa Sé: pura poesia strutturata su
un assolo improvvisato di Stefano Bollani, e tutta incentrata sulla scoperta
del Sé, dell'Altro e dell'Altrove in una splendida progressione musicale che
ben si traduce nei versi scarni e taglienti.
Decisamente
la dimensione che preferiamo.
Commenti
Posta un commento