Mina: una, nessuna e centomila.



Oggi, parlare ancora della Voce di Mina può sembrare una stanca ripetizione, un cliché, una storia sentita e risentita; a tutti -tutti- i personaggi pubblici -cantanti e non- viene usualmente chiesto un pensiero, un complimento, un'idea riguardo a Mina, e tutti -tutti- immancabilmente la descrivono come qualcosa di inarrivabile, incredibile, cangiante, una forza della natura, spontanea, radicata nella nostra memoria collettiva e nella nostra essenza umana, c'è persino chi l'ha definita 'costellazione' senza -secondo me- esagerare più di tanto.
Chi le è stato vicino (e ha avuto la fortuna di sentirla cantare dal vivo e lavorare con lei) racconta di mirabolanti acrobazie mai fini a sé stesse, ma piene della sua esigenza di porgere nel modo più appropriato possibile la canzone; tutti ricordano una cantante assolutamente padrona della scena e del suo strumento. Chi lavora con lei in studio dice della sua professionalità esigentissima, ma mai soverchiante, della naturalezza con cui crea grattacieli canori ineguagliabili, partendo -a volte- da piccoli progetti striminziti, e della straniante sensazione di aver assistito, durante la registrazione di ogni canzone, a un piccolo grandissimo miracolo creatore.

Per il pubblico, invece, la percezione non è mai univoca: chi la ascolta distrattamente, o la ricorda quando faceva televisione percepisce una voce maestosa, incredibile, luminosa, sempre sé stessa e sempre diversa, ma a volte altera, distante e dalle scelte artistiche bizzarre; chi, invece, la conosce bene e la segue da anni con attenzione e sintonia percepisce che la sua Arte profonda e vera Mina la esprime sempre allo stesso modo: creando dei suoni nuovi, e intridendoli di un significato che supera quello delle parole per arrivare al cuore della nostra realtà umana concreta, ma anche di quella metafisica.

Mina è una, nessuna e centomila: per ciascuno è diversa, ognuno la sente così come la sa; io non ho mai conosciuto due ammiratori di Mina che fossero d'accordo su qualsivoglia argomento la riguardasse, ognuno percepisce quello che capisce, che gli rassomiglia, che lo smuove, tralasciando tutto quanto il resto ...che spesso è la maggior parte. Questa differenza nel 'sentire' si capisce bene quando qualcuno prova a riprodurla, cioè a cantare una canzone già cantata da lei: il più delle volte il risultato è una voce 'popolare' quasi 'popolana', i più la cantano facendo gorgheggi, storpiando le vocali, cercando di imitarne i suoni (e svuotandoli così di qualunque significato); altri la ripropongono più aristocratica, pulita, tecnica, distante (capendo bene che dietro a quella pronuncia a volte strana c'è qualcosa che non sempre riescono a cogliere); altri non ci provano affatto, neanche per scherzo, perché sanno bene che lei è irriproducibile.
Quando una cantante (o anche un cantante) prova a cantare una sua canzone, di oggi o di ieri non importa, che la cantante sia giovanissima o decrepita neanche, il risultato è sempre lo stesso: l'una (la povera malcapitata cantantina a cui è stato affidato l'ingrato compito) sembra vecchissima, antiquata, bisnonna, trisavola dell'altra (di lei, di Mina) che risulta invece sempre fresca e giovane, pulita e colorata, intensa ma mai melodrammatica, bravissima ma mai solamente tecnica, potente ma con una sovrumana ineguagliata capacità di dosare la potenza.

Mina di mestiere fa i suoni, crea dei suoni che prima non esistevano e li usa per dare corpo alle sue intenzioni mentali nell'attribuire un significato musicale piuttosto che un altro alle parole che sta interpretando; la sua ricerca -inconscia, io credo o non potrebbe essere così spontanea nelle incisioni- è nel trovare il suono giusto da inserire in un determinato arrangiamento, in quel preciso fraseggio musicale. In questo lei non è mai fuori luogo, ma neanche si nasconde dentro gli arrangiamenti (come fanno molte voci-non voci oggi osannate da chi ama la musica elettronica - Madonna sopra tutte), il suono di Mina emerge sempre e si staglia, tridimensionale e plastico al di sopra di tutti gli altri suoni che compongono la canzone.
La sua naturalezza nel canto, la sua immediatezza, sono indici del fatto che lei non è costruita a tavolino come tutte le cantanti prodotte oggi: queste viaggiano col produttore in tasca che dice loro per filo e per segno come devono cantare quella determinata frase, o eseguire quel tale gorgheggio... questo quando non lasciano fare tutto ai tecnici di post produzione e al computer. Lei è vera e diretta, buona la prima, come dicono tutti e perfetta nelle intenzioni. Sempre.

"Quel dolce suon/mi colpì di sua voce" e quei suoni che lei crea non sono mai fini a sé stessi, come invece accade spesso alle cantanti jazz (anche a quelle brave) soprattutto contemporanee, che si distaccano talmente tanto dalla linea melodica della canzone e fanno di tutte le parole un suono incomprensibilmente inadeguato a quello che stanno cantando, col risultato -sgradevolissimo- di aver solo praticato degli esercizi vocali. I suoni di Mina, invece, incarnano profondamente quella specifica parola inserita dentro quello specifico contesto, riempita del suo profondo significato.
Significato e significante il più delle volte sono inscindibili, fusi, incarnati l'uno dentro l'altro; altre volte, invece, il suono crea uno scollamento, e dentro questa differenza, nella distanza che si instaura tra i due, c'è il vero significato -stavolta dissonante, più difficile da individuare, meno immediato e lampante- che al di là del velo di realtà che spesso ci chiude gli occhi, lei ci vuole comunicare. È proprio quando i due elementi differiscono che deve entrare in gioco un ascolto meno spontaneo e più di pensiero, per non correre il rischio di perdersi qualcosa.

La Bellezza più profonda delle creazioni di Mina -purtroppo- non è per tutti, solo alcuni possono capirla o anche solo intuirla; non tutti possono sentire la Bellezza di una foglia, di una nuvola, di una costellazione, di un quadro, di un'opera d'arte. Queste Bellezze sono indirizzate a tutti -nella straordinaria gratuità che in sé racchiudono le opere d'arte e il Creato- ma profondamente comprese da pochi.
È un concetto un po' arduo da spiegare, forse, ma non ha nulla di elitario od esclusivo: Mina arriva agli estremi dello spettro: agli Uno e ai Centomila. Arriva a chi, senza troppo pensiero, sente nel profondo quello che lei canta, in modo viscerale, naturale, sincero, e arriva a chi con larga cultura si approccia a lei attraverso un ascolto intellettuale, razionalizzato, filosofico. Non arriva in mezzo, non piace ai Nessuno, a quelli che non hanno più quella naturalezza primitiva, selvaggia, ma non hanno ancora cultura sufficiente per poter recuperare con l'intelligenza quello che hanno perso in spontaneità.

In questo spettro di personalità ed attenzioni, anche chi non la capisce veramente fino in fondo, sente che Lei sola ha qualcosa in più, qualcosa di diverso da tutte le altre, qualcosa che va oltre la banalità del cantare una canzone; sente inconsciamente che Mina (come tutti i veri Artisti) è un tramite con l'Assoluto, come la Musica vera (quella che ti emoziona fino alle lacrime), l'Arte, e l'idea dell'esistenza di un Principio Superiore che ci governa tutti (sempre che il bosone di Higgs non ci smentisca prima o poi...) e proprio in questo 'sentire oltre' Mina stabilisce il suo primato ineguagliabile.
E allora, ben vengano anche le Centomila diverse Mine che ciascuno si costruisce a propria immagine e somiglianza, buttando in quell'onnivoro contenitore di quattro iconiche lettere, sensazioni ed emozioni profondissime ed intime, che vengono inconsapevolmente da lei sviscerate, analizzate, rimescolate e ridate a tutti in forma di sublime perfezione, specchio di quell'Iperuranio a cui tutti aneliamo.



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