Arisa, il vestito a fiori e la sua voce piena di Luce

Per dimenticare lo scontatissimo podio di Sanremo (dove ha vinto la banalità più italiota), mi immergo nell’ascolto degli album che i vari artisti hanno presentato al Festival; primo fra tutti - e più atteso - quello di Arisa, un’artista che negli ultimi anni è riuscita a scrollarsi di dosso la pesantissima caricatura con cui si era presentata, per rivelare la sua natura più autentica di donna sensibile e profondissima, dotata di una voce bellissima, e capace di usarla al meglio, grazie anche alla collaborazione di musicisti e autori di prima scelta.

Questo nuovo lavoro rappresenta per Arisa una terza tappa fondamentale nella sua evoluzione; se il primo lavoro (Amami) rappresentava ancora la dicotomia tra le sue due anime portata agli estremi (la convivenza nello stesso disco di pezzi come Amami o Missiva D’Amore con Nel Regno Di Chissà Che C’è o Democrazia evidenziava la volontà di mostrare il lato più drammatico e profondo accanto a quello più sciocco e superficiale), e il secondo (Se vedo te) ha rappresentato la presa di coscienza della possibilità di evolvere e sperimentare (la presenza nel disco di personaggi come Cristina Donà, che era quanto di più distante si potesse immaginare dal mondo musicale di Arisa, o Dente mostrava benissimo la versatilità e la grande autorevolezza con cui Arisa si appropriava di certi mondi musicali), questo terzo lavoro ha una direzione più precisa: proporre anche dei contenuti che accarezzino tematiche inusuali e spirituali.
La stessa Guardando Il Cielo, presentata al Festival, propone diversi spunti di riflessione nascosti in versi che, ad una prima lettura, possono risultare molto semplici, quasi banali. Qui, la voce, consapevole della profondità, risulta partecipe, accorata, colorata da qualche fioritura che rivela un leggero pathos, e conduce l’ascoltatore verso una comprensione guidata più dal cuore che dalla mente.

Il disco, invece apre con Voce (una dichiarazione d’intenti) che inizia con un bellissimo gioco di sovrapposizioni vocali (riutilizzate in altri punti dell’album) e si evolve in un brano con un tiro pazzesco; il testo -intelligente e molto denso- descrive un episodio di separazione con delle immagini profonde e inedite, mentre  Arisa lo canta in modo quasi distaccato, senza eccedere mai, tranne in quell’ “Ascoltami!” verso il secondo ritornello, che rompe la voce in un grido e apre l’intensità dell’interpretazione verso una più totale partecipazione.
L’Amore Della Mia Vita, invece, è una più classica ballata “alla Arisa”, nobilitata da un arrangiamento essenziale ma nuovo (tutto strutturato sulla ritmica e sul piano), che mette in risalto le parole semplicissime e molto sentite, in una canzone che rivela una verità che ci appartiene dall’alba dei tempi.
Risulta evidente, in questi arrangiamenti, la mano di Nicolò Fragile, che è per questo disco, quello che Mauro Pagani è stato per “Amami”.
Fidati di me è ancora scritto da Giuseppe Anastasi, come i tre precedenti; autore di fiducia per Arisa da sempre, anche lui si è molto evoluto nello stile di scrittura ed è giunto ad una maturità artistica che ne fa uno dei nomi più interessanti in circolazione. Questa canzone muove su terreni decisamente diversi dalle prime, già il testo “sono imperfetta/inacidita/e tante volte ho già mentito a questa vita” prelude a una disillusa amarezza, che la voce sottolinea con un tono scuro che apre solo negli splendidi vocalizzi sul finale. L’arrangiamento, poi, rimarca con delle alchemiche dissonanze del pianoforte, le parole.

Altro mondo musicale per Lascerò, interpretato da una voce che parte caustica e distaccata per diventare, dopo, piena e potente, il che bene si inserisce nel testo in cui la protagonista è la parte forte che prende decisioni scomode e arriva alla fine del secondo ritornello con quel liberatorio, urlato “tu senza me”.
A sorpresa, fa il suo ingresso nella produzione di Arisa, Federica Abbate, una tra le più prolifiche e interessanti autrici contemporanee (tanti sono i suoi brani tra le nuove produzioni italiane) che firma insieme ad Arisa Come Fosse Ieri (con un bell’arrangiamento fresco, in cui Arisa sfodera una voce più aperta e chiara) e anche la stranissima e giocosa Una Donna Come Me, dalle atmosfere lussuosamente retrò (quel clarinetto riporta inevitabilmente agli anni ’30) interpretata con una voce  lieve e un po’ bamboleggiante.
Una Notte Ancora, invece, è uno dei brani più diversi di tutto l’album, in cui il testo di Arisa scivola tra le note di questo arrangiamento da disco-club; la voce, ferma e decisa sulla strofa, si moltiplica nella follia di un ritornello in un bel multivoce giocato sulla giustapposizione di tonalità altissime e bassissime.

Quasi in chiusura dell’album torna Giuseppe Anastasi con la splendida Gaia, il brano più caustico, futuristico, fantascientifico di tutto il disco; con queste atmosfere e versi decisamente pesanti (“e io non ci sarò -lo spero/perché se ci sarò mi sparo”) si racconta del futuro della terra, che sarà investito da sconvolgimenti climatici e sociali. Anche qui ci si rifà a una teoria Olistica (L’ipotesi Gaia di James Lovelock) secondo la quale la Terra sarebbe da considerare come un unico grande organismo vivente, in linea con il pensiero evidente in alcuni versi di Guardando Il Cielo.
Davvero notevole anche la cover presentata a Sanremo: Cuore (di Rita Pavone), interpretata con piglio serio e voce ferma; non c’è giocosità (tranne che nel coretto tipicamente anni ’60 del ritornello) e la voce racconta la sofferenza osservandola con leggero distacco, senza ristagnarci dentro, ma prospettando l’evoluzione nella chiarezza sul finale.
Chiude il disco, Per Vivere Ancora, finale in stile Parisienne (qui è la fisarmonica che caratterizza il tutto in modo raffinato e pulito) con Arisa che balla vestita di seta a fiori (con tanto di svolazzi) su una vecchia terrazza con vista sulla Tour Eiffel, lanterne colorate illuminano il tutto in una allegria sottile e profumata, per chiudere il disco con un sorriso, con una nota positiva e soprattutto con tanta Luce, quella che la sua voce produce e riverbera direttamente dal profondo del suo cuore. Brava Arisa.




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