Ritorno all'Essenziale, ritorno a Billie Holiday
Questo nuovo lavoro di
Cassandra Wilson ci giunge inaspettato e rassicurante come una giornata di luce
e sole incastonata in un freddo inverno; dopo le sue gentili digressioni sul
Pop e le sue accurate ricerche sulla musica popolare ("country" solo
per definizione americana) la voce che ha saputo raccontare con delicatezza e
intensità storie e ambientazioni, torna al suo primo vero grande amore: il
Jazz.
Un ritorno ai classici
del Jazz che non è una marcia indietro, ma una riscoperta permeata di nuova energia
e della volontà di scendere alle radici del suo canto, dacontaminandolo da
sperimentazioni e "acidità" degli anni passati, per riscoprirlo nella
sua inedita purezza. Non a caso, l'omaggio è per Billie Holiday, la voce che
più di ogni altra ha saputo scendere nelle profondità del nostro sentire,
illuminandole con i suoi colori caldi e le sue intenzioni concrete.
E stavolta, per
Cassandra, gli arrangiamenti si fanno più lievi, essenziali, misurati (tranne nel caso di Strange Fruit,
sublime interpretazione dove l'iperbole nel testo viene trasposta in un
arrangiamento tutto in crescendo dalle tinte forti e cupe, in cui la voce
s'insedia perentoria e tragica a raccontare una delle storie più tristi
dell'umanità; e di Good Morning Heartache)
e tutto l'album sembra scorrere tra le pareti di velluto di un ombroso, fumoso
night club, in un sapore di improvvisazioni che non lasciano spazio, però, agli
usuali, strabordanti, stancanti virtuosismi strumentali, ma si concentrano
sulla voce e sui testi.
La sua voce -appunto-
intima, profonda, bassa, suadente accarezza con grazia mai vista le parole di
queste canzoni che definire monumenti sarebbe un eufemismo, e ci accompagna in
un viaggio dentro l'essenza più profonda del Jazz: la sofferenza che si fa
estetica e traccia di Bellezza da ricercare in una misurata alternanza tra
preziosismi vocali e canto profondo da ruvido racconto senza arzigogoli.
Don't Explain è il manifesto di questa nuova -ma arcaica- direzione nella
discografia di Cassandra: arrangiata con trio, sussurrata con un talento quasi
recitativo, con pochissime ricercatezze vocali (e con qualche piccola
interazione tra lei e i musicisti -anche questo è il mondo del Jazz- a
sottolineare che probabilmente parti dell'album sono state eseguite dal vivo in
studio), ma con grande misura di cuore e partecipazione.
Molto interessante il
lavoro fatto su Billie's Blues,
brano che -come ogni vero blues che si rispetti- nasceva "live",
quindi con testo spesso diverso e ricco di fraseggi solisti, ma che qui diventa
il paradigma di un'estetica raffinatissima e articolata, tanto da discostarsi
radicalmente dalla sua versione originale.
You Go To My Head, invece, diventa l'episodio più contemporaneo del disco, con
l'arrangiamento che si struttura proprio come una Pop Ballad, con tanto di
aggiunta di archi e interpretato con una voce precisa, strutturata, che segue
la melodia proprio come stesse porgendo un inedito: dritta, precisa e senza
abbellimenti. In All Of Me è la
profondità del testo a prendere il sopravvento, mentre sullo sfondo si dipanano
archi lontanissimi, suonati dal vento che contrastano con la voce scura e densa
in primo piano e che prendono più corpo sul finale in uno straniante paesaggio
d'inverno.
Profondissima la
differenza anche con The Way You Look Tonight,
in origine eseguita con un tempo buffissimo e veloce e qui invece, rallentata al
limite dell'eseguibile per amplificare il tempo del sentimento e
dell'emozione; bella anche l'idea dell'arrangiamento di Good Morning Heartache, che parte con un incedere maestoso e cupo,
degno di un finale di serata, quando quasi tutte le luci sono spente, per diventare,
sul finale, impetuosa, dirompente, straniante, caustica. Tutta emozione.
Ma sicuramente
l'episodio più bello di tutto il disco è I'll
Be Seeing You, che, nella sua ruvida essenzialità, lievemente vestita di un
arrangiamento che sembra prendere corpo lentissimamente e senza convinzione
intorno al suono della voce, si dipana verso un finale aperto, scomposto,
casuale, quasi che i musicisti a fine serata stessero già smontando gli
strumenti, quando alla cantante viene voglia di fare un ultimo pezzo... e
allora l'accompagnano con quello che hanno. Geniale.
Il disco chiude con un
inedito: Last Song (For Lester),
omaggio a Lester Young che tanta parte ha avuto nella vita e nella carriera di
Billie Holiday; un disco inaspettato, denso e ricco di sfumature, uno degli omaggi
più belli alla madre di tutte le cantanti che si accostano al Jazz da
un'angolazione 'altra' rispetto al solito, che ricercano un'intensità radicale
e profonda senza orpelli, ma con grandi spazi di vita vissuta.
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